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Particolare dell'Incendio nel borgo con Enea e Anchise |
Le Stanze dell'appartamento di Giulio II sono state chiamate di Raffaello fin da sei mesi dopo la morte dell'artista: le battezza così Sebastiano del Piombo, che pure, in vita, gli era stato rivale. Realizzandole, Giulio II compie il sogno dei suoi predecessori Nicolò III e Nicolò V, di edificare un "palazzo in forma di città", che raccolga la Corte e gli uffici: come un altro palazzo, altrettantorinascimentale e famoso, quello Ducale di Urbino, voluto da Federico da Montefeltro. All'ultimo piano dell'edificio di Nicolò III -in parte ricostruito da Nicolò V-le Stanze raffaellesche, il cui percorso ingloba anche la Cappella di Nicolò Vdipinta dal Beato Angelico, sono cinque. Una però, quella dei Palafrenieri o anche dei Chiaroscuri, è ormai priva dell'apparato originario, distrutto e sostituito da altri dipinti a metà del XVI secolo. Tre delle Stanze, coperte da volta a crociera, sono di misure simili, dieci metri per otto, mentre la quarta, la Sala di Costantino, è di dodici metri per diciotto. Alcune, secondo il Vasari, presentavano affreschi precedenti, di Piero della Francesca, Luca Signorelli, Bartolomeo della Gatta; altri importanti maestri avevano già cominciato a ridecorarle per Giulio II. La prima cui Raffaello si applica è la Stanza della Segnatum, così chiamata perché -ci racconta il Vasari -in epoca successiva con Paolo III Farnese nel 1541 vi si trasferisce l'omonimo Ce supremo) Tribunale Apostolico. Ai tempi di Giulio, invece, la sala ospitava verosimilmente la sua biblioteca privata: 220 volumi di formato nemmeno paragonabile a . quello odierno, disposti in quattro fila di scaffali su tre delle quattro pareti. Raffaello vi lavora tre anni, dal 1508 all'l1; il primo pagamento è del gennaio 1509. Dal luglio 1511, l'artista affresca la seconda Stanza, detta di Eliodoro dal soggetto di una delle scene che la dominano, la vicenda dell'omonimo profanatore scacciato dal tempio. Attraverso uno stretto passaggio, il locale, che era la sala delle udienze, comunicava con l'anticamera e la stanza da letto del Pontefice; dipingerlo richiede altri tre anni, fino al 1514. Frattanto, però, il settantenne papa Giulio, il 20 febbraio 1513, sei giorni dopo la condanna della Francia da parte del Concilio Laterano da lui voluto, ha lasciato questo mondo. Il lavoro di Raffaello, che non ha ancora terminato la parete dell'Incontro di Attila e Leone Magno, prosegue sotto il pontificato di Leone X, Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico. Papa Della Rovere, è stato scritto, concepiva l'arte in funzione quasi propagandistica: come un mezzo, clamoroso e visivo, per riaffermare la centralità della Chiesa; lo scisma protestante è quasi alle porte: nel 1517, Martin Lutero affiggerà le sue 95 tesi, e l'anno successivo sarà dichiarato un eretico. Al contrario del suo predecessore, Papa Medici, invece, amava l'arte per antica educazione: nella Firenze del "Magnifico", infatti, era stato abituato a non disdegnare né il bello, né il lusso, si circondava di sapienti e letterati. Il nuovo Pontefice è eletto l'II marzo 1513, e già ai primi di luglio troviamo un pagamento in favore del Sanzio. L'anno dopo, se ne andrà anche Bramante e Raffaello gli subentrerà nella direzione dei lavori della nuova Basilica; ma del progetto bramantesco saranno realizzati soltanto i pilastri della cupola. Nel 1515, il Papa commissiona all'artista i cartoni per gli Arazzi destinati alla Sistina. Forse come omaggio devozionale al nuovo Capo della Chiesa, Raffaello ha già eseguito la Madonna della seggiola (Firenze, Palazzo Pitti); al banchiere Chigi fornisce i cartoni per i Profeti e le Sibille (Roma, Santa Maria della Pace), e per lui progetta la cappella di Santa Maria del Popolo; ma soprattutto, tra il 1514 e il 1517, lavora alla terza delle Stanze, quella chiamata dell'Incendio di Borgo, anche qui dal soggetto di. uno dei dipinti.
Le Stanze, tuttavia, non mobilitano tutte le energie dell'Urbinate che, del resto, era affiancato da un nutrito stuolo di collaboratori: nel medesimo periodo, infatti, trova anche tempo (e ispirazione) per altre opere.La sua ultima stagione è feconda. Il Ritratto di Baldassarre Castiglione (Parigi, Louvre); il Doppio ritratto della Galleria Doria Pamphili di Roma, una delle poche raccolte private che nell'Urbe sia rimasta tale; La velata, ora a Palazzo Pitti; la celeberrima Fornarina (Roma, Palazzo Barberini). Tra i soggetti sacri, l'Estasi di Santa Cecilia (Bologna, Pinacoteca Nazionale), la Madonna dell'Impannata appartenuta a Cosimo I Medici (Firenze, Palazzo Pitti), la Madonna Sistina per la chiesa di San Sisto a Piacenza (Dresda, Gemaldegalerie). Nei Palazzi Vaticani, inoltre, mentre opera nelle Stanze, Raffaello riesce anche a curare la finissima decorazione di un appartamento "all'antica" per il cardinal Bibbiena, composto da un bagno (la Stufetta) e una loggetta decorati con scene mitologiche ispirate alla letteratura classica. Ma Raffaello non è soltanto questo: Roma, la città in cui vive, la conosce e l'ama. Non soltanto ce ne offre una pregevole ricostruzione classica nell'Incendio di Borgo ma nel 1514, con la consulenza di Baldassarre Castiglione, scrive al Papa, lamentando il decadimento dei monumenti antichi, di cui dimostra profonda conoscenza. Leone X lo nomina Conservatore delle antichità, con l'incarico di redigere una nuova pianta della città. Con un gruppo di collaboratori, Raffaello inizia subito l'opera, misurando ed esplorando ruderi che erano ancora per buona parte sepolti; con grande lungimiranza, vagheggiava un catalogo completo delle emergenze antiche dell'Urbe; ma, purtroppo, nulla ci è pervenuto di questo suo lavoro.
Ormai, dopo la Loggia di Psiche alla Villa Farnesina del banchiere Chigi, e le ultime opere sacre in cui -oggi i critici lo riconoscono -abbonda la mano della "bottega", dopo l'incredibile Doppio ritratto (parigi, Louvre) in cui tradizionalmente si crede di riconoscere l'artista e il suo maestro di scherma, sono arrivati i tempi delle Logge; dell'ultima grande tela (quattro metri per tre) rimasta incompiuta, la Trasfigurazione; e quelli dell'ultima Stanza, la Sala di Costantino, così chiamata perché ospita, appunto, la Battaglia di Costantino, forse creata quasi per rivaleggiare con quelle di Anghiari e di Cascina commissionate dalla Signoria fiorentina a Leonardo e Michelangelo. Raffaello ne esegue i cartoni, fa preparare una parete, dipinge un paio di figure, ma gli manca il tempo per finire. Completeranno l'opera i suoi allievi: il 6 aprile 1520, un Venerdì Santo come -secondo Vasari -di Venerdì Santo era nato, e -per altri nel giorno del suo trentasettesimo compleanno, il maestro improvvisamente se ne va. "Una febbre continua et acuta"; il diario di Marcantonio Michiel racconta che lascia sedicimila ducati; altri accenna al cordoglio "d'ogn'uno et del Papa", "la Corte in grandissima et universale mestitia"; qualcuno afferma perfino che, nel momento supremo, il palazzo si sia addirittura squassato, minacciando un crollo e ripetendo così i fenomeni sovrannaturali che accompagnarono in un altro Venerdì Santo, il primo, la morte di Gesù. I "letterati s'addolorano" perché non ha avuto il tempo di "fornire la descrittione et pittura di Roma antiqua, che 'l faceva, che era cosa bellissima": sarebbe stato il primo inventario dei Beni Culturali romani, quello che, 470 anni dopo, non esiste ancora.
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