"Nessuno è giunto tanto avanti nella scienza del disegno come Michelangelo, nella verità del colore come Tiziano, nell'incanto della pennellata e del chiaro scuro quanto Correggio, nella composizione quanto Raffaello. Ma nessuno come Raffaello si è mai avvicinato a ciascuno dei tre rivali in ciò che è il loro merito esclusivo; mentre nessuno di essi ha eguagliato Raffaello nelle qualità che gli sono proprie. Ecco in cosa consiste il suo incontestabile primato".
(Antoine-Chrysostome Quatremère de Quincy, Histoire de lo vie et des ouvrages de Raphael, 1824)
Forse aveva proprio ragione un suo contemporaneo che nel 1520, l'anno stesso della morte dell'artista, scriveva: "Se gli fosse stato dato di vivere sino alla vecchiaia, sarebbe stato un altro Buonarroti". Infatti, riesce davvero difficile pensare che l'intera esistenza di Raffaello Sanzio (Urbino 1483 -Roma 1520), si racchiuda in soli 37 anni; che in nemmenoquattro lustri si compendi l'intera parabola creativa dell'autore di tante Madonne e tanti Ritratti; di progetti architettonici come la Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo a Roma e, sempre nella Capitale, Villa Madama; di autentici capisaldi nella storia dell'arte quali (per citarne solo due) lo Sposalizio della Vergine del 1504, oggi a Brera, e l'estrema Trasfigurazione d'ella Pinacoteca Vaticana; ma, soprattutto, !'ideatore del "ciclo più celebre e imitato dell'arte italiana, autentica summa rinascimentale", e cioè le Stanze e le Logge Vaticane. Un pittore già onorato quand'era ancora in vita, tanto da essere sepolto -unico artista, con a lato una lapide che ne ricorda la fidanzata Maria Bibbiena -nel Pantheon. Di lui ci parla perfino (era il 1515: aveva appena 32 anni) Ludovico Ariosto nell'Orlando furioso; è "divina" la sua pittura per Marco Antonio Biondo (1549); "arricchì l'arte della pittura di quell'intera perfezione che ebbero anticamente le figure di Apelle e Zeusi, e più, se si potesse dire" secondo Giorgio Vasari (1568). Con il libro dei secoli, sfogliamo quello delle citazioni: "Ogni operetta sua vale un tesoro" (Federico Zuccari, 1604); "lo stesso Poussin, il più gran pittore mai esistito, dopo aver imitato per qualche tempo Tiziano, s'è poi arrestato a Raffaello, dando così a conoscere che lo considerava superiore agli altri" (Gian Lorenzo Bernini, 1663); "non fu superato in nulla" (Gian Pietro Bellori, 1695); "sarebbe forse rimasto spento se non avesse ricevuto la scintilla dal contatto con Michelangelo, e tuttavia bisogna ammettere che bruciò d'una fiamma più pura, più casta, più continua" (Joshua Reynolds, 1769). Infine, riassumiamo il tutto con Wolfgang Goethe, non sempre tenero nel suo Viaggio in Italia, 1786: "È sempre riuscito a fare quello che gli altri vagheggiavano di fare". Raffaello è figlio d'arte: il padre Giovanni di Sante di Pietro, che lo lascerà a soli undici anni, era anch'egli pittore. Cresce a Urbino, un'atmosfera certamente favorevole al gusto del bello: abita a pochi passi dal quattrocentesco "palazzo in forma di città" di Federico da Montefeltro. Si forma nelle Marche e poi nell'Umbria, che -le coincidenze significheranno pur qualcosa -proprio a quei tempi ci regalano uno tra i massimi pittori, Piero della Francesca, e uno dei massimi architetti, Donato di Pascuccio d'Antonio detto il Bramante. Sboccia precoce alla tavolozza (già magister a 17 anni), sotto la guida d'un altro "grande", il Perugino: "Peruginesco d'estrazione urbinate", sintetizzerà il Longhi. Per vederne oggi le prime opere, bisogna pendolare tra Detroit, Napoli e Brescia, dove è sparsa la Pala del beato Nicola da Tolentino (1500); oppure
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Giulio II |
recarsi nella Pinacoteca Vaticana per L'incoronazione della Madonna richiestagli nel 1501 dalle monache di Monteluce e che per 18 anni, preda di Napoleone, rimase a Parigi; oppure ancora volare a Londra, Lisbona e negli Usa, per le tre parti della Pala di Città di Castello, dipinta nel 1503. Sono gli esordi di un genio assoluto. Ancora peruginesca è la tavola, datata e firmata "Raphael Urbinas", dello Sposalizio: risale al 1504, quando Raffaello si stabilisce a Firenze, proprio mentre, grazie alla presenza di Michelangelo e Leonardo e dopo la crisi degli ultimi decenni, nella città da dove i Medici erano stati cacciati nel 1494 rifiorisce l'arte. Anche qui va citata una coincidenza singolare, uno di quegli "incroci della vita" che riescono a essere tanto misteriosi quanto eloquenti: Raffaello è a Firenze quando vi abitano il Buonarroti e il Vinci; e sarà a Roma nel 1514, impegnato nelle Stanze in Vaticano, mentre Michelangelo ha appena dipinto la Sistina, e quando anche Leonardo risiederà in Vaticano, in locali preparati per lui al Belvedere. Proviamo per un attimo a pensare che cosa poteva essere, artisticamente parlando, quell'incredibile e unico periodo romano, il "supremo decennio tra il 1510 e iI 1520" per dirla con il Longhi. Leonardo dipinge il San Giovanni Battista (ora al Louvre) e la Leda; studia la quadratura del circolo; progetta, e Leone Xapprova, i! prosciugamento delle Paludi pontine e il nuovo porto di Civitavecchia. Raffaello ha compiuto le prime due Stanze nel nuovo appartamento di Giulio Il Della Rovere. Michelangelo ha appena concluso lo sforzo immane della volta nella Cappella Sistina e, prima del Giudizio Universale che verrà vent'anni dopo, s'impegna nei molti progetti per la tomba di Giulio Il: un lavoro infinito, che lui chiama "la tragedia della sepoltura": "Si io stava a Roma, fussi fatta prima la sepoltura mia che quella del Papa". E, ancora: Bramante si dedica al nuovo San Pietro, dopo che Giulio Il, nel1506, ha deciso di abbattere l'ormai fatiscente Basilica costantiniana (118 per 64 metri; quattro filari di 22 colonne ciascuno; centinaia di lampade,per la cui alimentazione Gregorio II, VIlI secolo, aveva lasciato ben 56 uliveti). Importanti artisti come Pietro Vannucci (il Perugino), Baldassarre Peruzzi, Giovanni Antonio Bazzi (i! Sodoma), Bartolomeo Suardi (il Bramantino) e Lorenzo Lotto sono già stati sconfitti dallo stesso Raffaello, in una "battaglia artistica" mai dichiarata. Il rinnovamento, dalla Basilica e dai Palazzi vaticani cancella o rimuove opere -per dirne soltanto qualcuna -di Giotto (i! mosaico del quadriportico, distrutto; i! Polittico Stefaneschi per l'altar maggiore, ora nei Musei Vaticani) e Piero della Francesca (che aveva decorato la Stanza d'Eliodoro prima di Raffaello). La città, in parte acquista nuove forme, ancor oggi esistenti: nascono le vie Giulia e della Lungara. Non è lontana nemmeno la parabola discendente del potente
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Leone X |
banchiere di Giulio Il, i! senese Agostino Chigi: all'apice del fulgore, s'era fatto costruire la Villa Farnesina (una loggia affrescata da Raffaello con il Trionfo di Galatea), dalla quale, per épater les bourgeois, durante le cene gettava le stoviglie d'oro nel Tevere (dove tuttavia invisibili reti erano predisposte ad accoglierle). Ma torniamo a Raffaello: dopo quattro anni a Firenze, in cui completa l'apprendistato (ma forse siamo già al diploma), senza perdere i contatticon Perugia né con l'ambiente nativo, nel 150S scende appunto a Roma che, dopo l'effimero risveglio fiorentino, s'avvia a diventare la vera capitale dell'arte. Urbino, Firenze, Roma: un itinerario tutto nelle tre capitali del Rinascimento. La prima prova certa della sua presenza nell'Urbe è del 13 gennaio 1509; in ottobre è nominato scrittore dei "brevi", i discorsi papali: fa già parte dell'entourage curiale. A introdurlo,è stato un suo concittadino, che nell'Urbe s'è già fatto onore, il Bramante: dopo aver progettato in Vaticano i palazzi e il Cortile del Belvedere, nel 1504 era stato incaricato di ideare la nuova Basilica di San Pietro (salva troppo poco della antica, e sarà soprannominato "mastro Ruinante"). La prima pietra è del 1506: l'anno in cui l'Esquilino restituisce il gruppo marmoreo del Laocoonte; al restauro parteciperà anche Michelangelo; nel Cortile del Belvedere, il più ampio del Vaticano, costituirà il primo embrione dei musei; ispirerà intere generazioni d'artisti. Giulio Il aspirava a una renovatio sensibile e palpabile. Eil rinnovamentodel Papa, impegnato anche in
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Scuola d'Atene, particolare con Diogene |
numerose guerre per riconquistare le città che s'erano ribellate e pronto perfino a partire per il fronte (come nell'assedio di Mirandola, gennaio 1511), coinvolge subito gli appartamentidel Vaticano. Le prime fortificazioni del complesso risalgono a Leone IV, 852; da allora, molti papi si sono industriati in quella che solo al ritorno dalla cattività avignonese (durata dal130S al 1377) è divenuta la loro residenza: prima, i palazzi papali erano quelli del Laterano.Eugenio IV Condulmer, veneziano, e Nicolò V Parentucelli, di Sarzana,incaricano il Beato Angelico di decorare le loro cappelle; Nicolò stesso compie il primo ampliamento d'una certa importanza del palazzo medievale; il granaio del Papa viene trasformato nella Biblioteca Vaticana da Sisto IV, il savonese Della Rovere che affida a un gruppo di fiorentini e umbri (Botticelli, Ghirlandaio, Perugino, Signorelli) la cappella per questo chiamata poi Sistina. Gli edifici attorno a San Pietro (ancora quello vecchio) mutano maggiormente con Alessandro VI, Rodrigo Borgia (1492-1503), che fa edificare gli appartamenti e la torre ancora noti col suo cognome. Èl'edificio, tra i Cortili di San Damaso, del Belvedere e quello piccolo del Pappagallo (dall'antica usanza che ogni pontefice ne tenesse uno in gabbia) dove oggi ha sede il Museo vaticano d'arte moderna. Per sostenere i progetti del figlio Cesare e creargli uno Stato indipendente, Alessandro VI favorisce gli interessi francesi in Italia, entra in conflitto con l'aristocrazia romana e i vari
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Scuola di Atene particolare con Democrito |
Signori della penisola. APapa Borgia (non occorre ricordare i mille episodi oscuri d'una famiglia per questi ormai tanto rinomata) succede, per meno d'un mese, il senese Pio III Piccolomini. Poi è appunto la volta di Giulio II, Giuliano Della Rovere, nipote di Sisto IV. Tanto il Borgia era vicino ai francesi, quanto il suo successore ne sarà nemico. Al punto che, da loro sconfitto, deciderà di farsi crescere il barbone con cui è perpetuato (anche da Raffaello nelle Stanze), e di non tagliarselo finché il francese Luigi XII non lascerà l'Italia. In chiave anti-francese, dopo la Lega di Cambrai contro Venezia, Giulio promuoverà perfino una "Lega santa". Si può ben capire che non gli fosse particolarmente gradito, per usare un eufemismo, dormire la notte sotto la grande Apoteosi del Borgia fatta affrescare dal suo predecessore (che egli tanto odiava, da chiamarlo perfino"marrano, giudeo, circonciso": lo riferisce Paris de Grassis, nel suo Diario conservato alla British Library) al Pinturicchio. Insomma, papa Giulio cambia casa: nel palazzo costruito da Nicolò III, trasloca in quelle che oggi sono le Stanze, costruite a metà Quattrocento sotto Nicolò Ve dove, tra gli altri, avevano operato anche Andrea del Castagno e Piero della Francesca. Papa Giulio dapprima le affida ad alcuni tra i migliori pittori d'allora: Perugino, Peruzzi, Sodoma, Bramantino, Lotto; presto però, nonostante alcuni avessero già iniziato i lavori, li "licenzia" tutti in tronco, convinto dal Bramante a mettere alla prova quel suo giovane concittadino. Raffaello viene convocato da Firenze (dove la Madonna del baldacchino, oggi a Palazzo Pitti, rimane incompiuta); il Papa lo sperimenta e ne riconosce le doti e le virtù. Nascono le Stanze, e nascono anche le Logge, che servivano a raggiungere la sala dei ricevimenti aggirando i conclavia (le stanze più riservate), ma che saranno utilizzate dai Papi anche per conversare o meditare. Di questo fervore di rinnovamento di Papa Giulio ci parla anche il suo bibliotecario, Lorenzo Parmenio: il Pontefice aveva iniziato a ristrutturaregli edifici fin dal giorno successivo alla sua elezione, facendo costruire dal Bramante, suo architetto preferito, una facciata a logge sulla torre e gli appartamenti Borgia, per ingentilire la parte del severo complesso che guarda verso la città. Aveva anche voluto una via Julia nova per accedere, a cavallo, dal portico di San Pietro alla Sala Regia, accanto alla Sistina, destinata a funzioni di ricevimento; la "via cavalcabile",utilizzata per la prima volta nella Pentecoste del 1506, era l'architravedella viabilità del nuovo appartamento papale. Dall'anno prima, il Pontefice si era trasferito nelle nuove stanze; nello stesso 1506 prende accordi con Michelangelo per la volta della Sistina e inizia la costruzione del nuovo San Pietro; l'anno dopo, fa restaurare la Cappena di Nicolò V, quella del Beato Angelico, inutilizzata dai tempi di Sisto IV; l'anno dopo ancora, verso la fine del 1508, sulla scena del Vaticano irrompe, finalmente.Raffaello.
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