giovedì 30 dicembre 2010

Scuola di Atene

Descrizione
L'affresco, inquadrato da un arco dipinto, rappresenta i più celebri filosofi e matematici antichi intenti nel dialogare tra loro, all'interno di un immaginario edificio classico, rappresentato in perfetta prospettiva.

Le figure sono disposte sostanzialmente su due piani definiti da una larga scalinata che taglia l'intera scena. Un primo e più numeroso gruppo è disposto ai lati di una coppia centrale di figure che conversano, identificate in Platone ed Aristotele. Un secondo gruppo autonomo, in cui sono stati individuati i pensatori interessati alla conoscenza della natura e dei fenomeni celesti, è disposto in primo piano sulla sinistra. Mentre di un terzo, anch'esso indipendente e ristretto, disposto simmetricamente al secondo, nonostante gli sforzi degli studiosi è difficile accertare l'ambito intellettuale,[1] nonostante la presenza di una figura identificata in Euclide intento a tracciare una dimostrazione geometrica.
A sinistra della scena domina la statua di Apollo, mentre a destra quella di Minerva. Sotto sono dipinti due rilievi: una Lotta di ignudi ed un Tritone che rapisce una nereide.
Il titolo è molto posteriore al periodo di esecuzione e non rispecchia le intenzioni dell'autore e della committenza e neppure la conoscenza storiografica della filosofia classica che si aveva all'inizio del XVI secolo.
L'iconografia del dipinto è complessa e coinvolge anche gli altri, contemporanei, affreschi della Stanza della Segnatura che è certamente la stanza più importante tra quelle affrescate da Raffaello. In origine la sala era destinata ad essere lo studio e la biblioteca di Papa Giulio II e le quattro pareti rappresentano la tipica classificazione di una biblioteca umanistica del tempo: Teologia, Giustizia, Poesia e, appunto, Filosofia. Tutta la stanza è inoltre improntata a complessi temi iconografici di carattere teologico e filosofico a cui contribuirono senza dubbio i personaggi del circolo neoplatonico che animava la corte papale e mira ad affermare le categorie del Vero, del Bene, e del Bello da ricomprendere nella teologia cristiana.[2] Il titolo dato all'affresco intorno al XVIII secolo, a partire da studiosi di area protestante, storicizzando la rappresentazione, disconosce la complessità del tema iconografico che mira ad esaltare la centralità della Chiesa.
Il tema di questo dipinto, leggibile solo in relazione agli altri dipinti della stanza, è dunque la facoltà dell'anima di conoscere il Vero, attraverso la scienza e la filosofia, e la presenza di così tanti pensatori di varie epoche riconosce il valore del desiderio e dello sforzo di arrivare alla conoscenza, comune a tutta la filosofia antica, visto come anticipazione del cristianesimo.

Tale tema rimanda al complementare dipinto de La disputa del Sacramento, dove invece il tema esalta la fede e la teologia. I due dipinti contrapposti rappresentano così la complessità di rapporti tra la cultura classica e la cultura cristiana, così vitale nello sviluppo culturale del classicismo del primo Cinquecento.
Altre interpretazioni
Nel tempo l'opera di Raffaello ha sollecitato innumerevoli interpretazioni, chiavi di lettura e modelli interpretativi che non si presentano alternativi al riconoscibile programma iconografico dell'intera stanza della segnatura, ma che vi si sovrappongono, creando la percezione di un'opera complessa ricca di livelli interpretativi ed impressa nell'immaginario visivo collettivo. Nell'affresco è stato ovviamente visto un quadro completo della storia del pensiero antico dalle sue origini, ricco di rimandi colti, riferimenti, caratterizzazioni dei principali protagonisti, simboli e riferimenti cifrati.
È stato inoltre notato come vi sia un ordine cronologico nella composizione, da sinistra a destra.
La rappresentazione architettonica
Relativamente alla rappresentazione architettonica che inquadra tutta la scena ed accoglie i personaggi, e che raffigura con grande profondità un edificio con un grande vano centrale a cielo aperto da cui si dipartono i grandiosi bracci di una croce greca di cui di fatto ne sono visibili solo due. Per l'invenzione di tale prospettiva è stato fatto il nome di Bramante perché il maestoso edificio richiama il progetto per la basilica di San Pietro. Da rilevare come le immagini del grandioso cantiere di inizio XVI secolo ci mostrano la crociera in costruzione, ed ancora per molto senza cupola, ed alcuni bracci coperti con volte a botte, così come nell'affresco di Raffaello.
Inoltre l'opera di Raffaello rappresenta un vertice nella tradizione prospettica che aveva avuto ad Urbino uno dei centri di diffusione più importanti ed in cui si era formato il Bramante pittore,
Del resto una restituzione prospettica così complessa lascia pensare che Raffaello si sia avvalso di uno specialista, da individuare non tanto in Bramante quanto in Bastiano da Sangallo, virtuoso autore di prospettive sceniche;[5] del resto fu proprio dall'esecuzione degli affreschi della stanza della Segnatura che Raffaello cominciò ad avvalersi di numerosi aiuti e collaboratori.
Personaggi rappresentati
Le cinquantotto figure presenti nell'affresco hanno sempre sollecitato gli storici per la loro identificazione. Infatti tra i filosofi rappresentati alcuni sono chiaramente riconoscibili per lo specifico ruolo che assumono nella composizione (come Platone o Aristotele ) o per specifici attributi iconografici (come Diogene o Socrate), mentre di altri l'identità è più o meno controversa.
I due principali filosofi dell'antichità, Platone ed Aristotele si trovano vicino al punto di fuga del dipinto che sta tra le figure dei due grandi pensatori quasi a volere indicare che il vero abbia caratteristiche sintetiche, di conciliazione tra quelle già intuite da questi due filosofi, che furono di indubbia importanza per lo sviluppo del pensiero occidentale. Nella raffigurazione dei due filosofi è stata vista, fin dal XVI secolo, anche un'identificazione con i due apostoli Pietro e Paolo.

Queta impostazione gerarchica riflette le convinzioni del neoplatonismo dell'epoca, spiegando la posizione relativamente marginale di Socrate e l'assenza degli ultimi sviluppi del pensiero classico, come gli stoici. Platone ed Aristotele rappresentano i due principali poli di aggregazione delle altre figure, raffigurando in qualche modo la complementarità tra scuola platonica e scuola aristotelica. Platone, regge in mano la sua opera Timeo ed indica il cielo con un dito (indicando l'iperuranio, zona d'essere oltre il cielo dove risiedono le idee trascendenti), mentre Aristotele regge l'Etica stende il braccio destro e rivolge il palmo della mano verso terra rivolgendosi al mondo terreno e alla volontà dell'uomo di studiare il mondo della natura e di essere in contatto con essa.
Attorno a loro e ad altri filosofi e matematici sono raccolti in gruppi i loro seguaci. All'estrema sinistra c'è Epicuro, alle cui spalle è presente una giovane figura di identificazione controversa. Proseguendo verso destra sono stati identificati Averroè, Pitagora, intento a scrivere su di un libro, e Parmenide. Al centro, in primo piano, è stato riconosciuto Eraclito che appoggia il gomito su un grande blocco di pietra, mentre all'estrema destra troviamo Euclide (secondo alcuni studiosi Archimede), che traccia figure geometriche, attorniato da allievi. Alcuni decori sulla sua tunica sono stati interpretati come la firma di Raffaello ("RVSM": "Raphaël Urbinas Sua Manu")
Oltre ai già citati, tra gli altri s'incontrano: Socrate, in una veste dal colore verde bottiglia, che volge le spalle a Platone ed Aristotile e sembra incitare al dialogo il piccolo gruppo di persone che gli sta davanti; Diogene, isolato e steso sulla scalinata; Plotino, a destra, in silenzioso isolamento.
L'angelo della Disputa e la figura biancovestita della Scuola di Atene a confronto. Secondo Giovanni Reale vi sarebbe una corrispondenza tra le due figure, rappresentando la seconda la kalogathia ovvero l'ideale filosofico greco della "bellezzà/bontà".Il personaggio sulla sinistra, di fianco a Parmenide, dai tratti efebici, biancovestito e con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, è di identificazione controversa, anche se una identificazione generalmente accettata è quella di Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino e nipote del papa Giulio II, che all'epoca del dipinto si trovava a Roma. Secondo l'ipotesi di Giovanni Reale questa figura biancovestita è un "simbolo emblematico dell'efebo greco ovvero della "bellezza/bontà", la kalogathia:
« L'interpretazione di questa figura è particolarmente difficile, e da alcuni è stata del tutto fraintesa in vari sensi. Una tradizione ci dice che Raffaello avrebbe riprodotto il viso di Francesco Maria della Rovere; ma alcuni interpreti contestano la veridicità di questa tradizione. Ciò che occorre comprendere non è tanto se Raffaello abbia riprodotto le sembianze di Francesco Maria della Rovere, ma piuttosto che cosa abbia voluto esprimere con quel personaggio. Qualcuno ha notato - anche noi abbiamo confermato [...]- una corrispondenza (non solo nella configurazione ma anche nella posizione) di questo personaggio con quello dell'angelo senza ali in vesti umane nell'affresco della "Disputa" [...]. La soluzione del problema che già altra volta abbiamo proposto, dopo un'attenta e lunga riflessione, e della quale ci andiamo sempre più convincendo, è la seguente: il bel giovane biancovestito, in atteggiamento quasi ieratico, è un simbolo emblematico dell'efebo greco che coltiva la filosofia e incarna la greca kalogathia, ossia la "bellezza/bontà", ideale supremo di uomo virtuoso per lo spirito ellenico. »
(Giovanni Reale. La scuola di Atene di Raffaello. Milano, Bompiani, 2005, pagg. 65-8.)

Ad analoghe conclusioni era giunto il noto storico d'arte austriaco Konrad Oberhuber:

« Il cartone dimostra fuori da qualsiasi discussione che si tratta di una figura ideale e non di un ritratto [...] Il discepolo in bianco, che ci fissa con i suoi strani occhi e ci si libra dinanzi quasi irreale, è l'espressione viva di quell'ideale del Bello e del Buono, e perciò stesso del Vero, nucleo centrale delle correnti filosofiche. »
(Konrad Oberhuber, Lamberto Vitali. Raffaello. Il Cartone per la Scuola di Atene. Milano, Silvana Editoriale d'Arte, 1972, pag.33)

L'improbabile identificazione con Ipazia (matematica di Alessandria d'Egitto del IV-V secolo) non risulta suffragata da nessuna fonte o saggio critico attendibile. Tuttavia risulta recentemente così ampiamente diffusa che non è possibile non darne conto.[8]. Altre figure di non facile riconoscimento sono i due giovani che si trovano all'estrema destra, in vesti contemporanee, in cui si è voluto vedere la raffigurazione ad autoritratto di Raffaello stesso e quella, più improbabile, dell'amico e collega Sodoma che ha lavorato al dipinto sulla volta ed a cui alcuni hanno attribuito un ruolo anche nell'esecuzione dell'affresco stesso.

Figure di contemporanei
Da sempre si è ipotizzato che Raffaello avesse voluto rappresentare nelle numerose figura di pensatori e matematici antichi, personaggi suoi contemporanei la cui identificazione è incerta e controversa. Già Vasari menziona i ritratti di Federico II di Mantova, Bramante, e Raffaello stesso. Particolarmente conosciute, ma non sempre documentate, sono le ipotetiche raffigurazioni di Michelangelo nella figura di Eraclito (no. 13 sotto), Leonardo da Vinci con le sembianze di Platone ed Euclide, con i tratti di Bramante.

In particolare, relativamente a Michelangelo, alcuni pensano che il ritratto di Eraclito sia stato aggiunto in seguito, ad opera compiuta. Infatti nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano è conservato il cartone finale disegnato di proprio pugno da Raffaello, dove non compare la figura di Eraclito. Probabilmente l'autore, dopo aver visto il lavoro che Michelangelo aveva compiuto per la Cappella Sistina (una cui parte viene mostrata il 14 agosto 1511), si è sentito in dovere di aggiungere il ritratto del suo rivale nel suo affresco, dandogli le sembianze del malinconico filosofo greco ed imitandone anche lo stile.



1: Zenone di Cizio
2: Epicuro o Empedocle
3: Federico II di Mantova
4: Anicio Manlio Severino Boezio o Anassimandro o Aristosseno o Empedocle
5: Averroè
6: Pitagora
7: Alcibiade o Alessandro il Grande
8: Antistene o Senofonte
9: Francesco Maria della Rovere e rappresentazione della kalogathia greca.
10: Eschine o Senofonte
11: Parmenide o Aristosseno
12: Socrate
13: Eraclito o Democrito (Michelangelo )
14: Platone[6] (Leonardo da Vinci o fra' Giovanni Giocondo)
15: Aristotele (Bastiano da Sangallo)
16: Diogene di Sinope
17: Plotino
18: Euclide o Archimede(Bramante) con studente
19: Zoroastro (Pietro Bembo)
20: Claudio Tolomeo
R: Apelle (Raffaello)
21: Protogene (Il Sodoma o Perugino oppure Timoteo Viti)

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